venerdì 28 dicembre 2012

Cloud Atlas


Nel tempo storico in cui viviamo sempre più spesso sentiamo parlare di spiritualità. Forse si tratta della moda del momento oppure è l’inevitabile conseguenza della post-modernità e del malessere che provoca. Pare che dentro ognuno di noi ci sia un saggio pronto a dispensare consigli, richiesti o meno. E’ un dato di fatto che la dimensione spirituale sia oggetto di curiosità e di ricerca. Se entrate in una libreria vi accorgerete facilmente della quantità di libri che ci parlano della vita, in tutti i suoi aspetti. Oltre gli scrittori, anche i registi aiutano la causa.

I fratelli Vahovski, insieme al noto regista tedesco Tom Tikver, hanno dato vita al nuovo film, già nominato per il Golden Globe: “Cloud Atlas”. Secondo i ben informati è tra i probabili vincitori di Oscar. Alla prima scena, lo spettatore viene messo di fronte alla complessità della sceneggiatura. Il sipario si apre dall’inizio con tante storie che vengono comprese soltanto nel finale. Per alcuni sicuramente risulterà essere una tecnica narrativa irritante che richiede una concentrazione costante. La distrazione non è concessa. Raccontare la trama non è facile. Molteplici storie si intrecciano. Ogni attore è impegnato nell’interpretazione di sei personaggi. La recitazione non delude. I grandi nomi come Tom Hanks, Halle Berry e Hugh Grant si calano nelle storie con grande maestria, la quale del resto, da loro viene pretesa.

Il punto centrale intorno al quale si sviluppa la trama è la complessità dell’essere umano, le sue innumerevoli sfaccettature, dall’estrema bontà, all’altrettanta crudeltà: “il più forte domina sul più debole”, pare sia la legge che lega tutti i tempi storici. Si sa, ogni azione causa una reazione. Le nostre vite dipendono da noi ma fino ad un certo punto. Siamo governati da leggi sulle quali non abbiamo il controllo e le vite degli altri, a volte influenzano il nostro destino. Sembra il quadro di una catena, sempre attuale, dove tutto e tutti siamo collegati. Non soltanto: nel racconto, i registi focalizzano la loro attenzione sulla stupidità degli uomini che nonostante i continui studi e le continue analisi, sia su se stessi che sulla storia, continuano a commettere gli stessi errori.

La nota frase di uno dei più grandi pittori di tutti i tempi: “Ripetere le stesse azioni sperando in un risultato differente è la definizione di follia”, è una costante di questa proiezione. Il film può essere interpretato sotto diversi profili quali, filosofico, esistenziale, psicologico o forse anche storico. Una cosa però rimane certa: indurre lo spettatore a farsi delle domande sul proprio stato di coscienza: individuale e collettiva, perché senza una non ci può essere l’altra.

E’ un film che merita, per la sceneggiatura, per la bravura degli attori, per l’argomento, forse banale ma di questi tempi,necessario. Preparatevi per tre ore di viaggio introspettivo e se avete la fortuna di capire l’inglese, guardatelo nella sua versione originale. La sincronizzazione può far perdere importanti sfumature del messaggio, esattamente come l’uso di sottotitoli. Interessante.

venerdì 10 febbraio 2012

Inverno duro

Sono passati 4 mese da quando ho fatto la mia ultima creazione, cioè un testo su questo blog e oggi mi sembrava il caso di aggiornarlo. Inoltre c'è l'inverno fuori, con la neve che cade è un bel freddo. Si lamentano quasi tutti, ma io una cosa positiva trovo sempre: ammazzerà almeno le mosche e le zanzare, ‘sto gelo, intendo. Anche le giornate sono corte e uno cosa fa in questi casi, oggi nel ventunesimo secolo? Si chiude nel stanzino e naviga in Internet, ovviamente. Un po' squallido anche; sarebbe meglio appartarsi con la fidanzata e fare un po' di movimento che fa bene al fisico, all'anima e scalda anche. In questo modo si risparmia anche sulla bolletta del gas.

Mi piacciono i blog; si trovano tante stupidaggini, che per fortuna a volte fanno anche ridere, le esperienze ed i pensieri delle altre persone che a volte ci arricchiscono, approfondiscono le nostre conoscenze. Ci permettono di vivere le vite degli altrui, come i libri una volta, in generale, perché io anche oggi leggo, a volte, quando la connessione a rete è lenta: ha, ha, ha. Mi sono imbattuto in mie riflessioni, un blog di uno che usa la massa grigia che gli riempia il cranio, si capisce subito. Non si fa vendere le cose impacchettate, ma prima toglie la confezione e guarda la sostanza del contenuto. Perché non è oro tutto quello che luccica e non è vero tutto quello che ci dicono e quello in cui ci vogliono far credere. Carino ed anche scritto in modo divertente e ironico. Dopo mi piace il formato dei blog fatti su wordpress; molto puliti graficamente ma con un buon effetto visivo.

Vado avanti, i gigabyte scorrono, sono in ricerca di qualche altro gioiello dell'intelletto umano e questo non si trova senza cercare in profondità. Ha, ecco uno che non mi dispiace a fatto. Il titolo, Italia migliore, sembra un augurio nei tempi di oggi. Il Caio ha deciso di essere propositivo, di non criticare come spesso si trova in giro, anche qui da me, ma di proporre delle idee, delle soluzioni che potrebbero portarci avanti, farci progredire dopo tanti anni di stagnazione. In effetti c'è una solo proposta concreta e mi sembra che è stata letta dal nostro premier. Traducendo dal linguaggio un po' complicato nel quale l'autore si è impicciato, ho dovuto leggere 2 volte alcuni passaggi per capire cosa voleva dire l'artista, si propone l'eliminazione dell'articolo 18. L'articolo è datato 26 agosto dell'anno scorso, cioè prima di Monti (se l'autore non ha barato) e sostanzialmente dice tutti licenziabili e tutti felici (senza monotonia, aggiungerebbe il nostro Mario). Io non è che sono molto favorevole, ma leggendo con la mente aperta, c'è una semplice analisi dei pro e dei contro, devo ammettere che la soluzione non per forza deve essere brutta.

E' passata la mezzanotte, il riscaldamento centralizzato già da un po' non scalda e io mostro i primi segni di congelamento. E' ora di andare a letto, di fare dei sogni sotto la coperta, al caldo, come un orso fa durante l'inverno.