martedì 20 agosto 2013

Diciassette otto

In tutti questi anni non avrei mai pensato di passare una notte a parlare di morte con un bambino di otto anni, ancora con addosso il vestito da spiaggia. Noi due da soli in casa, a dividere una sedia, abbracciati, con la luce soffusa della cucina. Quando gli hanno detto che il nonno era morto, ha riso. Poi è uscito con me, a fare qualche giro in bici, sul campo in cui io stessa da bambina, giocavo.

Qualche ora dopo, mentre legavamo i lucchetti, mi ha detto: "Solo ora ho realizzato che non rivedrò mai più il nonno e prima mi sono comportato da stupido. Possiamo parlarne?". Due settimane prima il mio piccolo amico si trovava nella casa al mare della famiglia. Faceva caldo. Lo stesso giorno, di passaggio, è arrivato il nonno. In casa si lamentavano della temperatura torrida e così il nonno decise di arrampicarsi sulla scala per aprire la finestra. Un'operazione che faceva di abitudine. Le scale erano di alluminio, leggere. Luka, il nipote, mio amico, essendosi arrampicato migliaia di volte pensava di chiedergli se aveva bisogno di aiuto ma si vergognava. Pochi istanti dopo, davanti agli occhi del bambino, il nonno cadde violentemente dalle scale. Fu trasportato subito nell'ospedale più vicino, in coma. Fino a questo sabato, il giorno in cui morì.

Quella notte il mio piccolo amico mi ha confessato che si sentiva in colpa e che avrebbe potuto salvarlo, se solo non "fossi stato così stupido, timido e sbagliato e gli avessi chiesto se aveva bisogno d'aiuto." Sapendo che il motivo che ha provocato la caduta era un grave ictus, ho tentato di spiegargli che sarebbe accaduto comunque e che non aveva sofferto. Ha deciso di credermi perché "di te mi fido, so che non mi racconti bugie". Insieme, abbiamo concluso che il nonno ha avuto una bellissima vita, con una moglie che amava, due figlie ben educate, istruite, sposate con due brave persone e sei nipoti meravigliosi. Era un uomo onesto. Aveva una famiglia molto unita. E alla fine di tutto è questo ciò che conta. Non sono le aziende che possiedi, le macchine oppure gli immobili. E' l'amore delle persone che ti stanno intorno. Dentro le quali resti.

A tarda notte, esausti e già nel letto, mi ha raccontato una barzelletta sul gatto. Non avevo la forza di tentare di capirla ma ho riso ugualmente. Dopo che mi ha dato il bacio della buona notte, con un sorriso stanco mi ha detto "oggi è stata una giornata strana perché tu hai cucinato. Non cucini mai. Di solito vieni qui, trovi tutto pronto e mangi, come quando sabato scorso abbiamo mangiato il pesce". Pochi istanti dopo lui si è addormentato e io alle 3 di notte ero ancora sveglia. Consapevole di avere appena avuto la conversazione più difficile, dolorosa ma allo stesso tempo più bella e più intensa dei miei quasi (ormai) trentaquattro anni. Con un piccolo e, per me, speciale essere umano per il quale farei qualsiasi cosa (compreso salire sul monopattino).

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